Don Gréa e la qualità spirituale del sacerdozio ordinato
“Nella riflessione attuale si fa strada la prospettiva di una vita comune del clero diocesano non solo per motivi di carattere pastorale ( favorisce il confronto e la collaborazione ) , psicologico ( rappresenta un sostegno e un antidoto alla ‘solitudine’ ) e spirituale ( stimola la preghiera comune ), ma anche e soprattutto per motivi teologici: la partecipazione all’unico sacramento dell’ordine nella medesima Chiesa locale costituisce un motivo di “comunione” sacramentale più profonda di qualunque altro legame ( pastorale, psicologico e spirituale )”.Una elaborazione ampia e motivata di tale esigenza di vita comune nel clero diocesano la troviamo nel cap. XXXV dell’opera fondamentale del Gréa, restauratore della vita canonicale nel contesto della teologia della Chiesa particolare: L’Eglise et sa divine constitution. Come ogni uomo, anche il Gréa, è figlio del suo tempo e quindi le sue idee e le sue elaborazioni risentono del contesto storico e culturale in cui maturano, oltre che della sua formazione teologica e filosofica. Ma questo non gli impedisce, per mezzo della sua personale elaborazione e quasi per connnaturalità di trovarsi ad anticipare problematiche e soluzioni proprie del nostro tempo, come nel caso del problema in esame. L’unione della vita clericale con quella religiosa è secondo il Gréa una esigenza della Chiesa contemporanea.
Questi, con insistenza, parla di una incongruenza: molti sacerdoti vedono nella aspirazione alla vita religiosa una rinuncia al ministero pastorale ordinario, quello, cioè, di collaboratori del Vescovo. I fatti lo dimostrano: il clero religioso è comunemente considerato il clero del Papa, a disposizione del Papa. Spesso il ministero in una Chiesa particolare è, di fatto, esercitato da non religiosi. Don Gréa non conclude dal fatto al diritto, ma vorrebbe che nuovi orientamenti, al seguito dell’antica tradizione, possano far scoprire l’importanza del clero del Vescovo. Il Gréa è quasi rapito nell’estasi di un futuro meraviglioso: il clero diocesano, tutto o in parte, religioso, grazie alla comunità dei Canonici Regolari: religiosi del Vescovo, perché l’ordine canonico sarà sulla giusta strada solo quando sarà diocesano ed episcopale.
Lo stato religioso è considerato dal Gréa in reciproca e profonda connessione con il mistero della Chiesa: “quanto di più sostanziale e compiuto nella sostanza della Chiesa”, e così proprio della Chiesa, che “ha avuto inizio con essa, o piuttosto che la Chiesa ha cominciato con quello”.Quindi se lo stato religioso appartiene per sua essenza alla Chiesa, in quanto professione esterna di rinuncia perfetta, essenza della santità cristiana, anticipazione della sua finale trasformazione, per il Gréa ne deriva per logica consequenzialità e stretta connessione teologica che tale stato non solo si addica ai semplici fedeli, ma a fortiori a coloro ai quali è affidato il compito di costruire ovunque la Chiesa santa e di renderne visibile la santità (vescovi e presbiteri).Senza entrare in merito alla ricostruzione storica che il nostro elabora riguardo al modo di vivere del clero nel susseguirsi dei secoli – lavoro interessante, ma non del tutto necessario per la presente ricerca – il Gréa, auspica, fondandosi su una tradizione antica, che si possa ritornare al clero religioso del Vescovo, per un mutamento e rinnovamento del diritto positivo. Infatti secondo il nostro due sono principalmente i fattori che hanno portato alla secolarità del clero diocesano: l’isolamento e la proprietà dei benefici ecclesiastici.
Fino al secolo XII, secondo il Gréa, la vita religiosa era, normalmente, abbinata alla vita pastorale del clero diocesano: “ben lontano dall’escludere dalla sua definizione e dal significato del suo nome la vita religiosa, come oggi avviene per l’espressione di clero secolare” Questa ultima espressione lo lascia del tutto perplesso in quanto tra la professione dei consigli evangelici e la funzione sacerdotale esiste come una naturale proporzione e una profonda affinità che tende ad unirli: “esiste una segreta e naturale proporzione e come una rapporto necessario tra la gerarchia sacerdotale e la perfezione dei consigli evangelici”.Il Gréa, a sostegno della sua idea, cita compiaciuto, perché perfettamente nella sua linea, una frase del Bouix: “La secolarità del clero è permessa, ma non obbligatoria”.Fa, inoltre, notare che la vita religiosa è nata nella chiesa particolare e per la chiesa particolare e che la pratica dei consigli evangelici – per più di un millennio – veniva professata sia da certi cristiani (= monaci), sia da certi membri del clero di una chiesa particolare (= canonici).Perché nessuno corra il rischio di vantarsi o di appropriarsi di quanto ricevuto come donno dall’alto per il servizio della comunità (carisma) il nostro in una magistrale visione d’insieme, ad immagine dell’unico Santo, conclude affermando che:”Le diverse forme di vita religiosa … sono destinate misteriosamente a riprodurre in e per loro nella Chiesa i veri tratti dell’unico e divino modello di santità”.”Insieme concorrono a riprodurre nella Chiesa l’immagine perfetta di Gesù Cristo, modello di ogni perfezione”.”Sono destinate tutte a raggiungere, fin da quaggiù, con la Chiesa il definitivo compimento dell’opera divina, e lo Spirito, che dall’interno le sostiene, le rianima ogni volta che sembrano cedere sotto l’incalzare del tempo, per l’intercessione dei Santi e le riforme che ne rinnovano il vigore”.