Il Curato d’Ars e i CRIC
Evidentemente i legami tra il Curato d’Ars e i Canonici Regolari dell’Immacolata Concezione sono soltanto indiretti: M. Vanney è morto il giovedì 4 agosto 1859, la Congregazione dei CRIC nascerà una diecina d’anni più tardi. Forse si può vedere un “segno della Provvidenza” nel fatto che tra i numerosissimi pellegrini accorsi a rendere un ultimo omaggio al santo defunto, c’è stato un ragazzo di Lione di nome Augustin Delaroche venuto – se i miei ricordi dei primi anni nella scuola apostolica sono fedeli, e mi sembra che lo siano – con i suoi genitori a venerare le spoglie e baciare una mano che aveva benedetto tanti visitatori. Augustin Delaroche avrà un posto di primo ordine nella storia che sto per raccontare. Il legame tra il Curato d’Ars e la nostra Comunità è pure molto concreto: abbiamo il privilegio di conservare, nell’archivio della nostra Casa Generalizia a Roma, i manoscritti autentici di 85 sermoni del Curato d’Ars. Che cosa sono esattamente questi sermoni? Come sono venuti in nostro possesso? la storia è interessante ed anche sorprendente. Si tratta dei sermoni dei primi anni di ministero a Ars del Vianney dal 1818 al 1827 (più tardi, specialmente per le sue catechesi, il Curato d’Ars non scriverà più, parlerà “ex abundantia cordis”.
Ma si sa che da giovane aveva incontrato molte difficoltà nello studiare; la predica, nei suoi primi anni di ministero, gli costerà un intenso sforzo. Per aiutarlo, il suo parroco M. Balley lo inviterà a parlare a un uditorio presunto più facile, al gruppetto di bambini che conosceva bene (aveva già avuto una piccolissima esperienza di maestro ausiliare di scuola elementare). Col suo linguaggio semplice e pieno di immagini, M. Vianney saprà attirare la loro attenzione. Inoltre M. Balley lo aiuterà ad utilizzare i “Sermonaires”, raccolta di intuizioni molto di moda allora per aiutare i predicatori alle prime armi e quelli che non avevano ancora un bagaglio sufficiente per lanciarsi in un discorso più personale. E’ così che, per anni, il giovane Curato d’Ars suderà veramente per preparare con massima cura le sue prediche domenicali: “Si chiudeva nella sacrestia – scrive un testimone – per scrivere le sue istruzioni della domenica e impararle a memoria. Non le componeva, prendeva di qua e di là nelle Istruzioni familiari, adattandole ai bisogni dei suoi parrocchiani. Là, solo, si esercitava ad un eloquio conveniente e predicava come se fosse stato al pulpito della sua chiesa”.
Una studiosa francese, la signora Jacqueline Genet, nella sua opera “L’enigme du Sermone du Curé d’Ars” – Paris 1961″, parla del vero lavoro di “intarsiatura” al quale si consacrava per notti intere, chiuso nella sacrestia, certe volte fino a sette ore di seguito, ed aggiunge: “Se si raccoglieva davanti all’altare prima di scrivere le sue prediche, non era per meditare sul suo argomento, ma piuttosto per chiedere il coraggio di perseverare nel tremendo lavoro che si imponeva”. L’autrice J. Genet ha potuto mettere in luce le molteplici fonti che utilizzava il Curato d’Ars: non copiava testualmente, ma trasponeva, “ricuciva” pezzetti di frasi con notazioni più personali, esclamazioni pie ed … indignate, e con una penna maldestra, un francese approssimativo e una ortografia più fantasiosa ancora. Ma che importa! Così si formava alla predica e acquistava tutto un fondo di cui userà più tardi. Questi primi sermoni erano esigenti, rigorosi e quasi giansenisti: lo voleva il contesto storico di allora; ma attraverso questo rigore, traspariva un uomo di Dio dato completamente al Signore, al suo ministero e al popolo che voleva, con un po’ di “mano militare”, guidare alla santità. Anche se l’episodio è un po’ tardivo e si riferisce alla catechesi che farà ogni giorno, più familiarmente ai pellegrini, mi piace citare il fatto seguente: più di ciò che diceva, è il personaggio del catechista che catturava l’attenzione degli uditori, provocava la loro ammirazione. Alcuni però non si lasciavano così facilmente commuovere; c’era chi, analizzando gli insegnamenti del parroco, si sentiva deluso … Alcuni giovani Padri maristi, di ritorno da un loro pellegrinaggio ad Ars, confidarono tali loro impressioni al Superiore, il venerabile Padre Colin.
Costui non si mostrò sorpreso essendo stato più volte pellegrino ad Ars. “Vi confesserò – rispose – che anch’io andandovi per edificarmi, alla vista di questo profondo disprezzo del mondo, ho sentito le sue istruzioni e non vi ho trovato gran che di dottrina. Mi dicevo: se si mettessero al lambicco le sue intuizioni, non si troverebbe niente”. Per un attimo i giovani si credettero approvati senza riserve. Non si aspettavano la conclusione: “ma ecco, lui è un SANTO”. Un santo che attraverso questi sermoni seppe convertire la sua parrocchia. Come, dunque, questi manoscritti (che daranno 4 volumi nelle edizioni stampate successivamente) sono finiti nella nostra Comunità? Penso siano definitive le conclusioni alle quali è pervenuto il Vescovo di Belley, nella sua opera già citata. Alcuni editori, soprattutto di Lione, cercarono di approfittare della fama del Curato d’Ars e dei guadagni facili a procurarsi pubblicando libri di pietà con il suo nome. Il più audace fu l’editore Guyot padre e figlio che, dopo aver pubblicato già parecchi libretti, ispirati al Curato d’Ars, ebbe la fortuna (?) di sapere dell’esistenza di questi primi sermoni: abilmente fece offerte anche finanziarie: “Queste prediche potrebbero essere utili a tanti, sarebbe facile trarne vantaggi economici per opere della parrocchia …” La persona era il sacerdote Adrien Colomb de Gast, cappellano delle “Dame del Sacro Cuore a Lione” e co-fondatore dell’associazione delle Cinque Piaghe del Salvatore (i primi due nomi della lista dei membri erano: “Jean Marie Bte Vianney, curé d’Ars e J. Colomb, sacerdote cappellano”). M. Colomb preparò un libro che fu stampato nel 1846 sotto il titolo di: “Un pastore parlando al suo popolo, e i cristiani meditando sulla conoscenza e le virtù di Gesù Cristo”, di J.M.B. Vianney.
Ma … intervenne allora l’autorità vescovile di Belley che giudicava inopportuna questa pubblicazione e si oppose alla vendita. Le discussioni furono vive tra M. Clomb de Gast e il Vicario Generale di Belley; finalmente, il Vicario Generale, M. Guillemin, fece firmare (il 6 agosto 1846) dal Curato d’Ars una dichiarazione, su carta bollata, che gli dava il potere “di ritirare dalle mani dei Signori Guyot i manoscritti che ho loro affidati … di distruggere, se M. Guillemin lo giudica conveniente, tutti i manoscritti che questi signori dicono avere consegnato al sacerdote Colomb de Gast …” Ma i manoscritti non furono restituiti nella loro totalità: quelli rimasti nelle sue mani furono dati da M. Colomb ai fratelli Delaroche che pubblicarono nel 1882 i quattro volumi dei Sermoni del Curato d’Ars. Uno dei due fratelli, che era stato per lunghi anni collaboratore di M. Colomb, entrò nella Comunità CRIC l’8 dicembre 1889 e portava con sé i manoscritti: è grazie a lui, che divenne il primo successore di dom Gréa nostro fondatore, che sono divenuti un magnifico patrimonio della Casa Generalizia. Con un certo sorriso un po’ mesto, il Vescovo di Belley, quando lavorava a Roma alla sua opera sul Curato d’Ars, mi diceva: “Insomma, è grazie ad una disobbedienza che avete questi manoscritti!”. Forse non aveva torto, ma non si rifà la storia, anche se comporta pagine discutibili, e i manoscritti dei sermoni del Curato d’Ars costituiscono un sostanziale legame tra lui e noi. Quasi sarebbe il caso di dire, una volta di più: “tutto coopera al bene di quelli che amano Dio”, anche … i peccati! Come aggiungeva il nostro Padre S. Agostino.p. Pietro Fouret ( Superiore Generale dei CRIC dal 1982 al 1994)articolo tratto da “La voce della Comunità”, dicembre 1999, n. 6 p. 4-5